STRALCI DAL VOLUME LANTERNA ROSSA
(dalla prefazione di Aldo Agosti)
… anche chi genovese non è, come il sottoscritto, e magari conosce molto meno di quanto vorrebbe una città che – come è noto – non è particolarmente incline a rivelarsi al primo venuto, respirerà da subito un'aria particolare, avvolgente, e troverà una quantità di spunti che gli faranno venir voglia di conoscerla e di studiarla meglio.
(dall'introduzione degli autori)
Il partito comunista a Genova fu certamente emanazione del Pci nazionale che almeno alle origini era a sua volta emanazione dell'unico partito comunista capace di rivoluzionare la storia del mondo, quello dell'Unione sovietica.
Ma se già con Palmiro Togliatti, poi con Luigi Longo e ancora di più con Enrico Berlinguer il Pci individuò una strada tutta sua e tutta diversa, non è azzardato definire quello genovese un partito diverso all'interno dello stesso partito italiano, un'entità a sé stante nel panorama nazionale: un partito "aristocratico" e "superbo".
(dal capitolo I – Gli anni del terrore: giugno 1943, aprile 1945)
A decine vecchi e nuovi partigiani sono braccati e uccisi sul posto anche se disarmati, altri sono assediati nell'antico monastero della Benedicta, in territorio di Bosio, che viene investito da un uragano di fuoco e poi fatto saltare con le mine. Chi non è ancora morto viene messo al muro. È la più grande delle stragi perpetrate nella storia della Resistenza genovese e ligure.
Sono 72 i caduti in combattimento e 75 i fucilati. In totale 147, e tra loro ben 96 erano nati tra il 1924 e il 1925. Avevano dunque tra i 19 e i 20 anni.
Nati con il fascismo e dal fascismo uccisi.
(dal capitolo III – Tra orgoglio e furore: maggio 1945-1948)
Adamoli è considerato il sindaco della rinascita e ancora oggi i più anziani chiamano "le case di Adamoli" quegli edifici che fece costruire o ricostruire per dare un tetto a decine di migliaia di famiglie dopo le distruzioni belliche. Non era in realtà tutta opera sua: per costruirle utilizzò anche molti fondi provenienti dal governo con il "piano Ina-casa" detto anche "piano Fanfani". Però Adamoli, tra l'altro ottimo giornalista, era bravo a rivendicare il merito di quanto si riusciva a realizzare in città.
[…]
Genova esplode il 14 luglio 1948, anniversario della Rivoluzione francese. Alle 13 il giornale radio diffonde la notizia che paralizza l'Italia intera: davanti al portone secondario della Camera dei deputati in via della Missione, alle ore 11.40 hanno sparato a Togliatti. Il segretario del Pci è molto grave, si sta tentando un intervento chirurgico al Policlinico. […] È un attimo. Il porto si ferma, le fabbriche si bloccano, gli uffici si svuotano, tram e filobus vengono abbandonati dove si trovano, i commercianti chiudono in fretta le saracinesche, da ogni quartiere e da ogni vicolo migliaia di persone si mettono in marcia emozionate e stravolte verso il centro, altre nei quartieri periferici alzano barricate nelle strade, qualcuno corre a dissotterrare le armi.
(dal capitolo VII – Alla riscossa: 1960-1964)
Il Cretino Gallonato di quel pomeriggio del 30 giugno 1960 in piazza De Ferrari capisce solo che duecento persone intorno a una fontana sono un assembramento. Peggio: un assembramento di facinorosi. Peggio ancora: un assembramento di facinorosi comunisti.
Anche lui ha caldo, è lì dal mattino, non beve da ore e per giunta adesso quei facinorosi gli tolgono persino la vista della fontana. E magari uno di quelli più sudati si mette a gridare verso i poliziotti "Brùtti fìggi de bagasce!" e allora il Cretino Gallonato può scambiare l'antipatico insulto per il segnale in codice della guerra e allora la guerra scoppia per davvero. […] Botte da orbi, i celerini che girano come pazzi a cento all'ora, camionette rovesciate e incendiate, un poliziotto buttato nell'acqua, un elicottero che ruggisce sopra la piazza, i centomila che arrivano a ondate da tutte le parti, fumo, sirene, getti di idranti, sedie e pietre e travi che volano, vetri che esplodono, scoppi, urla e bestemmie, la battaglia che si innerva per tutti i vicoli […].
(dal capitolo X – Foglio per foglio, libro per libro)
Anche in campo editoriale si riproduceva perfettamente lo schema verificabile nella geografia delle iscrizioni al Pci e dei risultati elettorali: l'Unità era diffusa e letta in massima parte tra Voltri, Sampierdarena, il porto e la Valpolcevera; il Secolo era invece l'unico giornale o quasi al di là della Lanterna.
Implacabili, però, i diffusori dell'Unità la domenica mattina si ostinavano a suonare a tutte le porte, palazzo per palazzo, casa per casa, in tutti i quartieri anche quelli meno rossi e quelli proprio bianchi: da quelle parti, solo per qualcuno l'arrivo dell'Unità era un gradito appuntamento. Per la maggior parte era invece un fastidioso squillo che disturbando il sonno e il relax non faceva che rafforzare le ancestrali convinzioni anticomuniste.
(dal capitolo XI – C'era una volta Enrico: 1970-giugno 1984)
Ai compagni genovesi è rimasta una vaga sensazione di rimorso. "Mi ha fatto male la cena di ieri sera", mormora Enrico Berlinguer intorno alle 22,30 del 7 giugno 1984 mentre Tatò e gli uomini della scorta, preoccupati, lo accompagnano in macchina verso il suo albergo di Padova. […] "Mi ha fatto male la cena di ieri sera" sono le sue ultime parole. Poi, appena steso sul letto, cade in un sonno profondissimo che un medico, imprecando, riconosce subito: "Maledizione, è in coma! Chiamate subito l'ambulanza!".
No, non c'entra nulla la cena della sera prima a Sestri Levante, dove il segretario era andato dopo un comizio in piazza Verdi a Genova e dopo aver inaugurato la nuova sezione di Riva Trigoso. Con quelle parole, negli ultimi istanti vitali, Berlinguer cercava di rassicurare se stesso e coloro che gli stavano accanto trovando una spiegazione normale, quasi banale, per un malessere molto più grave di un disturbo gastrico: è invece un ictus devastante.
Un'operazione disperata, poi quattro giorni in coma mentre tutta l'Italia piange e prega per lui, poi più nulla. Berlinguer è morto. Aveva solo 62 anni. Sono le 12.45 dell'11 giugno.
(dal capitolo XII – Il Pci e i terrorismi)
Genova è stata sicuramente uno dei principali obiettivi della guerra delle Br che dal punto di vista militare hanno dimostrato grande efficienza. Ma prima di definirla capitale delle Br occorrerebbe valutare con senso critico e disponibilità di seri dati la presenza numerica e la portata politica di quella formazione, in rapporto agli obiettivi che essa si proponeva.
Siccome sono trascorsi molti anni, sono stati celebrati tutti i processi e su quella storia c'è ormai abbondante produzione di studi e di analisi, sarà anche arrivata l'ora di dire le cose come stavano.
Anche se l'affermazione è paradossale: a Genova le Brigate Rosse non sono mai esistite.
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